Obrigado, Perdão Ajuda-me

Obrigado, Perdão Ajuda-me
As minhas capacidades estão fortemente diminuídas com lapsos de memória e confusão mental. Esta é certamente a vontade do Senhor a Quem eu tudo ofereço. A vós que me leiam rogo orações por todos e por tudo o que eu amo. Bem-haja!

domingo, 21 de novembro de 2010

Boa noite!

Tu... soberba? – De quê?

(São Josemaría Escrivá - Caminho, 600)

Quando o orgulho se apodera da alma, não é estranho que atrás dele, como pela arreata, venham todos os vícios: a avareza, as intemperanças, a inveja, a injustiça. O soberbo procura inutilmente arrancar Deus – que é misericordioso com todas as criaturas – do seu trono para se colocar lá ele, que actua com entranhas de crueldade.

Temos de pedir ao Senhor que não nos deixe cair nesta tentação. A soberba é o pior dos pecados e o mais ridículo. Se consegue atormentar alguém com as suas múltiplas alucinações, a pessoa atacada veste-se de aparências, enche-se de vazio, envaidece-se como o sapo da fábula, que inchava o papo, cheio de presunção, até que rebentou. A soberba é desagradável, mesmo humanamente, porque o que se considera superior a todos e a tudo está continuamente a contemplar-se a si mesmo e a desprezar os outros, que lhe pagam na mesma moeda, rindo-se da sua fatuidade.

(São Josemaría Escrivá - Amigos de Deus, 100)

Mozart Meets Cuba - Hasta la Vista Mozart

Bento XVI dá-se a conhecer em livro-entrevista

Bento XVI dá-se a conhecer pelas suas próprias palavras num livro-entrevista intitulado “Luz do mundo”, assinado pelo jornalista alemão Peter Seewald, com apresentação marcada para o próximo dia 23 de Novembro.

Várias passagens foram divulgadas por agências de notícias e pelo próprio jornal do Vaticano, «L’Osservatore Romano» (vide versão integral em italiano abaixo), que dedica um longo artigo a esta entrevista, na sua edição dominical.

O Papa confessa que depois da sua eleição, em Abril de 2005, esperava encontrar “paz e tranquilidade”, lembrando assim os sentimentos que surgiram naquela altura.

A reflexão inicia o livro, com 18 capítulos, numa secção intitulada “Os Papas não caem do céu”, com Bento XVI a afirmar que estava “seguríssimo” de que não seria ele o escolhido para suceder a João Paulo II.

Quanto às primeiras palavras proferidas, quando se apresentou como “trabalhador na vinha do Senhor”, o Papa diz que sempre “trabalhou em equipa”, como um de muitos operários, e que o líder da Igreja Católica “não é um monarca absoluto, que toma decisões sozinho e faz tudo por si próprio”.

Peter Seewald assegura que Bento XVI não fugiu a nenhuma pergunta nem “modificou as palavras pronunciadas”, propondo apenas “pequenas correcções” na transcrição final.

O resultado é, para o autor, um diálogo franco e directo sobre os mais variados temas, desde as questões fundamentais para a Igreja e sociedade em geral aos seus filmes preferidos ou os Santos da sua devoção.
Bento XVI fala num “fio condutor” na sua vida: “O Cristianismo dá alegria, alarga os horizontes. Em definitivo, uma existência vivida sempre e apenas «contra» seria insuportável”.

O Papa fala de “forças de destruição” na sociedade actual e pede atenção quando se trata de avaliar a sua missão, mostrando-se preparado para as críticas: “Se recebesse apenas consensos, teria de perguntar-se se estaria a anunciar verdadeiramente o Evangelho”.
“Pobre mendigo diante de Deus”, Bento XVI diz que, perante a modernidade, é necessária uma “grande luta espiritual” para afastar e distinguir “aquilo que se está a tornar uma contra-religião”.

A Igreja, observa, não é um “aparelho”, pronta para “fazer de tudo”, mas um “organismo vivo, que vem do próprio Cristo”, apesar dos seus limites.

Bento XVI convida a falar do “mundo melhor” para lá da vida material, professado pela fé cristã, e não apenas em “respostas concretas para o hoje, soluções para as tribulações quotidianas”.

O Papa diz que os temas da eternidade são como “pão duro” para a humanidade de hoje, pelo que os cristãos têm de “encontrar palavras e modos novos para permitir ao homem destruir o muro do som do finito”.

O livro “Luz do mundo. O Papa, a Igreja e os sinais dos tempos” resulta de uma conversa entre Bento XVI e Seewald - que já por duas vezes tinha entrevistado Joseph Ratzinger, ainda cardeal - na residência pontifícia de Castelgandolfo, perto de Roma, entre os dias 26 e 31 de Julho.

As duas anteriores entrevistas a Seewald tornarem-se os «best-sellers» "Deus e o mundo" (2001) e "O Sal da Terra" (1997).

(Fonte: site Rádio Vaticano)

Esce il 23 novembre il libro con l'intervista concessa da Benedetto XVI a Peter Seewald

Il Papa, la Chiesa e i segni dei tempi

Luce del mondo è il titolo con il quale sta per essere pubblicato il libro che raccoglie la conversazione di Benedetto XVI con il giornalista e scrittore tedesco Peter Seewald.

La nuova opera, edita in italiano dalla Libreria Editrice Vaticana, uscirà in contemporanea in altre lingue il prossimo 23 novembre e ha come sottotitolo Il Papa, la Chiesa e i segni dei tempi. Nei 18 capitoli che lo compongono, raggruppati in tre parti - "I segni dei tempi", "Il pontificato", "Verso dove andiamo" - Benedetto XVI risponde alle più scottanti questioni del mondo di oggi. Del libro (pagine 284, euro 19,50) anticipiamo alcuni stralci.

La gioia del cristianesimo

Tutta la mia vita è sempre stata attraversata da un filo conduttore, questo: il cristianesimo dà gioia, allarga gli orizzonti. In definitiva un'esistenza vissuta sempre e soltanto "contro" sarebbe insopportabile.

Un mendicante

Per quel che riguarda il Papa, anche lui è un povero mendicante davanti a Dio, ancora più degli altri uomini. Naturalmente prego innanzitutto sempre il Signore, al quale sono legato, per così dire, da antica amicizia. Ma invoco anche i santi. Sono molto amico di Agostino, di Bonaventura e di Tommaso d'Aquino. A loro quindi dico: "Aiutatemi"! La Madre di Dio, poi, è sempre e comunque un grande punto di riferimento. In questo senso, mi inserisco nella Comunione dei Santi. Insieme a loro, rafforzato da loro, parlo poi anche con il Dio buono, soprattutto mendicando, ma anche ringraziando; o contento, semplicemente.

Le difficoltà

L'avevo messo nel conto. Ma innanzitutto bisognerebbe essere molto cauti con la valutazione di un Papa, se sia significativo o meno, quando è ancora in vita. Solo in un secondo momento si può riconoscere quale posto, nella storia nel suo insieme, ha una determinata cosa o persona. Ma che l'atmosfera non sarebbe stata sempre gioiosa era evidente in considerazione dell'attuale costellazione mondiale, con tutte le forze di distruzione che ci sono, con tutte le contraddizioni che in essa vivono, con tutte le minacce e gli errori. Se avessi continuato a ricevere soltanto consensi, avrei dovuto chiedermi se stessi veramente annunciando tutto il Vangelo.

Lo shock degli abusi

I fatti non mi hanno colto di sorpresa del tutto. Alla Congregazione per la Dottrina della Fede mi ero occupato dei casi americani; avevo visto montare anche la situazione in Irlanda. Ma le dimensioni comunque furono uno shock enorme. Sin dalla mia elezione al Soglio di Pietro avevo ripetutamente incontrato vittime di abusi sessuali. Tre anni e mezzo fa, nell'ottobre 2006, in un discorso ai vescovi irlandesi avevo chiesto loro di "stabilire la verità di ciò che è accaduto in passato, prendere tutte le misure atte ad evitare che si ripeta in futuro, assicurare che i principi di giustizia vengano pienamente rispettati e, soprattutto, guarire le vittime e tutti coloro che sono colpiti da questi crimini abnormi".

Vedere il sacerdozio improvvisamente insudiciato in questo modo, e con ciò la stessa Chiesa Cattolica, è stato difficile da sopportare. In quel momento era importante però non distogliere lo sguardo dal fatto che nella Chiesa il bene esiste, e non soltanto queste cose terribili.

I media e gli abusi

Era evidente che l'azione dei media non fosse guidata solamente dalla pura ricerca della verità, ma che vi fosse anche un compiacimento a mettere alla berlina la Chiesa e, se possibile, a screditarla. E tuttavia era necessario che fosse chiaro questo: sin tanto che si tratta di portare alla luce la verità, dobbiamo essere riconoscenti. La verità, unita all'amore inteso correttamente, è il valore numero uno. E poi i media non avrebbero potuto dare quei resoconti se nella Chiesa stessa il male non ci fosse stato. Solo perché il male era dentro la Chiesa, gli altri hanno potuto rivolgerlo contro di lei.

Il progresso

Emerge la problematicità del termine "progresso". La modernità ha cercato la propria strada guidata dall'idea di progresso e da quella di libertà. Ma cos'è il progresso? Oggi vediamo che il progresso può essere anche distruttivo. Per questo dobbiamo riflettere sui criteri da adottare affinché il progresso sia veramente progresso.

Un esame di coscienza

Al di là dei singoli piani finanziari, un esame di coscienza globale è assolutamente inevitabile. E a questo la Chiesa ha cercato di contribuire con l'enciclica Caritas in veritate. Non dà risposte a tutti i problemi. Vuole essere un passo in avanti per guardare le cose da un altro punto di vista, che non sia soltanto quello della fattibilità e del successo, ma dal punto di vista secondo cui esiste una normatività dell'amore per il prossimo che si orienta alla volontà di Dio e non soltanto ai nostri desideri. In questo senso dovrebbero essere dati degli impulsi perché realmente avvenga una trasformazione delle coscienze.

La vera intolleranza

La vera minaccia di fronte alla quale ci troviamo è che la tolleranza venga abolita in nome della tolleranza stessa. C'è il pericolo che la ragione, la cosiddetta ragione occidentale, sostenga di avere finalmente riconosciuto ciò che è giusto e avanzi così una pretesa di totalità che è nemica della libertà. Credo necessario denunciare con forza questa minaccia. Nessuno è costretto ad essere cristiano. Ma nessuno deve essere costretto a vivere secondo la "nuova religione", come fosse l'unica e vera, vincolante per tutta l'umanità.

Moschee e burqa

I cristiani sono tolleranti ed in quanto tali permettono anche agli altri la loro peculiare comprensione di sé. Ci rallegriamo del fatto che nei Paesi del Golfo arabo (Qatar, Abu Dhabi, Dubai, Quwait) ci siano chiese nelle quali i cristiani possono celebrare la Messa e speriamo che così accada ovunque. Per questo è naturale che anche da noi i musulmani possano riunirsi in preghiera nelle moschee.

Per quanto riguarda il burqa, non vedo ragione di una proibizione generalizzata. Si dice che alcune donne non lo portino volontariamente ma che in realtà sia una sorta di violenza imposta loro. È chiaro che con questo non si può essere d'accordo. Se però volessero indossarlo volontariamente, non vedo perché glielo si debba impedire.

Cristianesimo e modernità

L'essere cristiano è esso stesso qualcosa di vivo, di moderno, che attraversa, formandola e plasmandola, tutta la mia modernità, e che quindi in un certo senso veramente la abbraccia.

Qui è necessaria una grande lotta spirituale, come ho voluto mostrare con la recente istituzione di un "Pontificio Consiglio per la nuova evangelizzazione". È importante che cerchiamo di vivere e di pensare il Cristianesimo in modo tale che assuma la modernità buona e giusta, e quindi al contempo si allontani e si distingua da quella che sta diventando una contro-religione.

Ottimismo

Lo si potrebbe pensare guardando con superficialità e restringendo l'orizzonte al solo mondo occidentale. Ma se si osserva con più attenzione - ed è quello che mi è possibile fare grazie alle visite dei vescovi di tutto il mondo e anche ai tanti altri incontri - si vede che il cristianesimo in questo momento sta sviluppando anche una creatività del tutto nuova [...]

La burocrazia è consumata e stanca. Sono iniziative che nascono dal di dentro, dalla gioia dei giovani. Il cristianesimo forse assumerà un volto nuovo, forse anche un aspetto culturale diverso. Il cristianesimo non determina l'opinione pubblica mondiale, altri ne sono alla guida. E tuttavia il cristianesimo è la forza vitale senza la quale anche le altre cose non potrebbero continuare ad esistere. Perciò, sulla base di quello che vedo e di cui riesco a fare personale esperienza, sono molto ottimista rispetto al fatto che il cristianesimo si trovi di fronte ad una dinamica nuova.

La droga

Tanti vescovi, soprattutto quelli dell'America Latina, mi dicono che là dove passa la strada della coltivazione e del commercio della droga - e questo avviene in gran parte di quei paesi - è come se un animale mostruoso e cattivo stendesse la sua mano su quel paese per rovinare le persone. Credo che questo serpente del commercio e del consumo di droga che avvolge il mondo sia un potere del quale non sempre riusciamo a farci un'idea adeguata. Distrugge i giovani, distrugge le famiglie, porta alla violenza e minaccia il futuro di intere nazioni.

Anche questa è una terribile responsabilità dell'Occidente: ha bisogno di droghe e così crea paesi che gli forniscono quello che poi finirà per consumarli e distruggerli. È sorta una fame di felicità che non riesce a saziarsi con quello che c'è; e che poi si rifugia per così dire nel paradiso del diavolo e distrugge completamente l'uomo.

Nella vigna del Signore

In effetti avevo una funzione direttiva, però non avevo fatto nulla da solo e ho lavorato sempre in squadra; proprio come uno dei tanti operai nella vigna del Signore che probabilmente ha fatto del lavoro preparatorio, ma allo stesso tempo è uno che non è fatto per essere il primo e per assumersi la responsabilità di tutto. Ho capito che accanto ai grandi Papi devono esserci anche Pontefici piccoli che danno il proprio contributo. Così in quel momento ho detto quello che sentivo veramente [...]

Il concilio Vaticano II ci ha insegnato, a ragione, che per la struttura della Chiesa è costitutiva la collegialità; ovvero il fatto che il Papa è il primo nella condivisione e non un monarca assoluto che prende decisioni in solitudine e fa tutto da sé.

L'ebraismo

Senza dubbio. Devo dire che sin dal primo giorno dei miei studi teologici mi è stata in qualche modo chiara la profonda unità fra Antica e Nuova Alleanza, tra le due parti della nostra Sacra Scrittura. Avevo compreso che avremmo potuto leggere il Nuovo Testamento soltanto insieme con ciò che lo ha preceduto, altrimenti non lo avremmo capito. Poi naturalmente quanto accaduto nel Terzo Reich ci ha colpito come tedeschi e tanto più ci ha spinto a guardare al popolo d'Israele con umiltà, vergogna e amore.

Nella mia formazione teologica queste cose si sono intrecciate ed hanno segnato il percorso del mio pensiero teologico. Dunque era chiaro per me - ed anche qui in assoluta continuità con Giovanni Paolo II - che nel mio annuncio della fede cristiana doveva essere centrale questo nuovo intrecciarsi, amorevole e comprensivo, di Israele e Chiesa, basato sul rispetto del modo di essere di ognuno e della rispettiva missione [...]

Comunque, a quel punto, anche nella antica liturgia mi è sembrato necessario un cambiamento. Infatti, la formula era tale da ferire veramente gli ebrei e di certo non esprimeva in modo positivo la grande, profonda unità fra Vecchio e Nuovo Testamento.

Per questo motivo ho pensato che nella liturgia antica fosse necessaria una modifica, in particolare, come ho detto, in riferimento al nostro rapporto con gli amici ebrei. L'ho modificata in modo tale che vi fosse contenuta la nostra fede, ovvero che Cristo è salvezza per tutti. Che non esistono due vie di salvezza e che dunque Cristo è anche il Salvatore degli ebrei, e non solo dei pagani. Ma anche in modo tale che non si pregasse direttamente per la conversione degli ebrei in senso missionario, ma perché il Signore affretti l'ora storica in cui noi tutti saremo uniti. Per questo gli argomenti utilizzati da una serie di teologi polemicamente contro di me sono avventati e non rendono giustizia a quanto fatto.

Pio XII

Pio XII ha fatto tutto il possibile per salvare delle persone. Naturalmente ci si può sempre chiedere: "Perché non ha protestato in maniera più esplicita"? Credo che abbia capito quali sarebbero state le conseguenze di una protesta pubblica. Sappiamo che per questa situazione personalmente ha sofferto molto. Sapeva che in sé avrebbe dovuto parlare, ma la situazione glielo impediva.

Ora, persone più ragionevoli ammettono che Pio XII ha salvato molte vite ma sostengono che aveva idee antiquate sugli ebrei e che non era all'altezza del Concilio Vaticano II. Il problema tuttavia non è questo. L'importante è ciò che ha fatto e ciò che ha cercato di fare, e credo che bisogna veramente riconoscere che è stato uno dei grandi giusti e che, come nessun altro, ha salvato tanti e tanti ebrei.

La sessualità

Concentrarsi solo sul profilattico vuol dire banalizzare la sessualità, e questa banalizzazione rappresenta proprio la pericolosa ragione per cui tante e tante persone nella sessualità non vedono più l'espressione del loro amore, ma soltanto una sorta di droga, che si somministrano da sé. Perciò anche la lotta contro la banalizzazione della sessualità è parte del grande sforzo affinché la sessualità venga valutata positivamente e possa esercitare il suo effetto positivo sull'essere umano nella sua totalità.

Vi possono essere singoli casi giustificati, ad esempio quando una prostituta utilizza un profilattico, e questo può essere il primo passo verso una moralizzazione, un primo atto di responsabilità per sviluppare di nuovo la consapevolezza del fatto che non tutto è permesso e che non si può far tutto ciò che si vuole. Tuttavia, questo non è il modo vero e proprio per vincere l'infezione dell'Hiv. È veramente necessaria una umanizzazione della sessualità.

La Chiesa

Paolo dunque non intendeva la Chiesa come istituzione, come organizzazione, ma come organismo vivente, nel quale tutti operano l'uno per l'altro e l'uno con l'altro, essendo uniti a partire da Cristo. È un'immagine, ma un'immagine che conduce in profondità e che è molto realistica anche solo per il fatto che noi crediamo che nell'Eucaristia veramente riceviamo Cristo, il Risorto. E se ognuno riceve il medesimo Cristo, allora veramente noi tutti siamo riuniti in questo nuovo corpo risorto come il grande spazio di una nuova umanità. È importante capire questo, e dunque intendere la Chiesa non come un apparato che deve fare di tutto - pure l'apparato le appartiene, ma entro dei limiti - bensì come organismo vivente che proviene da Cristo stesso.

L'Humanae vitae

Le prospettive della "Humanae vitae" restano valide, ma altra cosa è trovare strade umanamente percorribili. Credo che ci saranno sempre delle minoranze intimamente persuase della giustezza di quelle prospettive e che, vivendole, ne rimarranno pienamente appagate così da diventare per altri affascinante modello da seguire. Siamo peccatori. Ma non dovremmo assumere questo fatto come istanza contro la verità, quando cioè quella morale alta non viene vissuta. Dovremmo cercare di fare tutto il bene possibile, e sorreggerci e sopportarci a vicenda. Esprimere tutto questo anche dal punto di vista pastorale, teologico e concettuale nel contesto dell'attuale sessuologia e ricerca antropologica è un grande compito al quale bisogna dedicarsi di più e meglio.

Le donne

La formulazione di Giovanni Paolo II è molto importante: "La Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l'ordinazione sacerdotale". Non si tratta di non volere ma di non potere. Il Signore ha dato una forma alla Chiesa con i Dodici e poi con la loro successione, con i vescovi ed i presbiteri (i sacerdoti). Non siamo stati noi a creare questa forma della Chiesa, bensì è costitutiva a partire da Lui. Seguirla è un atto di obbedienza, nella situazione odierna forse uno degli atti di obbedienza più gravosi. Ma proprio questo è importante, che la Chiesa mostri di non essere un regime dell'arbitrio. Non possiamo fare quello che vogliamo. C'è invece una volontà del Signore per noi, alla quale ci atteniamo, anche se questo è faticoso e difficile nella cultura e nella civiltà di oggi.

Tra l'altro, le funzioni affidate alle donne nella Chiesa sono talmente grandi e significative che non può parlarsi di discriminazione. Sarebbe così se il sacerdozio fosse una specie di dominio, mentre al contrario deve essere completamente servizio. Se si dà uno sguardo alla storia della Chiesa, allora ci si accorge che il significato delle donne - da Maria a Monica sino a Madre Teresa - è talmente eminente che per molti versi le donne definiscono il volto della Chiesa più degli uomini.

I novissimi

È una questione molto seria. La nostra predicazione, il nostro annunzio effettivamente è ampiamente orientato, in modo unilaterale, alla creazione di un mondo migliore, mentre il mondo realmente migliore quasi non è più menzionato. Qui dobbiamo fare un esame di coscienza. Certo, si cerca di venire incontro all'uditorio, di dire loro quello che è nel loro orizzonte. Ma il nostro compito è allo stesso tempo sfondare quest'orizzonte, ampliarlo, e di guardare alle cose ultime.

I novissimi sono come pane duro per gli uomini di oggi. Gli appaiono irreali. Vorrebbero al loro posto risposte concrete per l'oggi, soluzioni per le tribolazioni quotidiane. Ma sono risposte che restano a metà se non permettono anche di presentire e riconoscere che io mi estendo oltre questa vita materiale, che c'è il giudizio, e che c'è la grazia e l'eternità. In questo senso dobbiamo anche trovare parole e modi nuovi, per permettere all'uomo di sfondare il muro del suono del finito.

La venuta di Cristo

È importante che ogni epoca stia presso il Signore. Che anche noi stessi, qui ed ora, siamo sotto il giudizio del Signore e ci lasciamo giudicare dal suo tribunale. Si discuteva di una duplice venuta di Cristo, una a Betlemme ed una alla fine dei tempi, sino a quando san Bernardo di Chiaravalle parlò di un Adventus medius, di una venuta intermedia, attraverso la quale sempre Egli periodicamente entra nella storia.

Credo che abbia preso la tonalità giusta. Noi non possiamo stabilire quando il mondo finirà. Cristo stesso dice che nessuno lo sa, nemmeno il Figlio. Dobbiamo però rimanere per così dire sempre presso la sua venuta, e soprattutto essere certi che, nelle pene, Egli è vicino. Allo stesso tempo dovremmo sapere che per le nostre azioni siamo sotto il suo giudizio.

(© L'Osservatore Romano - 21 novembre 2010)

Percorrer o caminho do amor indicado por Deus, foi o convite do Papa antes da recitação do Angelus



O Senhor revela-nos e convida-nos a percorrer o caminho do amor , disse Bento XVI antes da recitação do Angelus, do meio-dia dirigindo-se ás cerca de 60 mil pessoas congregadas na Praça de S. Pedro, muitas das quais tinham participado na Missa celebrada pelo Papa durante a manhã na Basílica de S. Pedro.

O Papa recordou que o caminho do amor que o Senhor nos revela e nos convida a percorrer, o podemos contemplar também na arte cristã, com a imagem difusíssima do Senhor que retorna como Rei, a imagem da esperança, e aquela do Juízo final como imagem da responsabilidade pela nossa vida: esperança no amor infinito de Deus e empenho de ordenar a nossa vida segundo o amor de Deus.

Quando contemplamos as representações de Jesus inspiradas no Novo Testamento – observou Bento XVI - citando os antigos edifícios cristãos nos quais duas paredes opostas eram dedicadas respectivamente a Cristo Rei e ao Juízo Universal - somos levados a compreender a sublimidade da humilhação do Verbo de Deus e a recordar a sua vida na carne, a sua paixão e morte salvífica, e a redenção que dali derivou para o mundo. Sim disso precisamos, precisamente para nos tornarmos capazes de reconhecer o coração trespassado do Crucificado , o mistério de Deus.

Bento XVI lembrou a jornada de oração pelos mosteiros de clausura, renovando o convite a “apoiar concretamente estas comunidades”.

O Papa quis unir-se também á oração promovida pelos bispos italianos, pelos cristãos do Iraque e a favor da liberdade religiosa. Estou próximo das populações iraquianas pelo elevado testemunho de fé que prestam a Deus.

Mais à frente, o Papa assinalou a “jornada das vítimas da estrada” e deixou um apelo em favor da “prevenção, que está a dar bons resultados, recordando sempre que a prudência e o respeito pelas normas são a primeira forma de tutela de si e dos outros”.

Não faltou neste Domingo uma saudação em português:

Dirijo uma cordial saudação a todos os peregrinos de língua portuguesa, nomeadamente aos brasileiros que vieram participar do Consistório para a Criação de novos Cardeais. Peçamos à Nossa Senhora que interceda junto ao Seu Filho, Rei do Universo, para que esta seja uma ocasião de reafirmar a unidade e a catolicidade da Igreja.

(Fonte: site Rádio Vaticano)

Bento XVI fala do seu «ministério difícil» e indica a Cruz como lugar autentico deste ministério



Neste Domingo, Bento XVI presidiu à Missa na Basílica de São Pedro, na solenidade de Cristo-Rei do Universo, durante a qual entregou o anel cardinalício a 24 novos cardeais como “sinal de dignidade, solicitude pastoral e de mais robusta comunhão com a Sé de Pedro”, para que se reforce “o amor à Igreja”.

“Pregai o Evangelho, testemunhai Cristo, edificai a Igreja santa de Deus, abençoai todos e a todos levai a paz de Cristo”, pede a oração que o Papa pronunciou, depois da entrega.

O lugar autentico do Vigário de Cristo é a Cruz, persistir na obediência da Cruz – disse o Papa na homilia, salientando que aquele ao qual é chamado Joseph Ratzinger é um ministério difícil, porque não se alinha á maneira de pensar dos homens, àquela lógica natural que aliás permanece sempre activa também em nós.. E dirigindo-se de maneira particular aos 24 novos cardeais e a todos os purpurados presentes em Roma Bento XVI acrescentou:
Este é e permanece sempre o nosso primeiro serviço, o serviço da fé, que transforma a vida inteira: acreditar que Jesus é Deus, que é Rei precisamente porque chegou até àquele ponto, porque nos amou até ao extremo.

Sabemos do Evangelho – recordou depois o Papa – que a cruz foi o ponto critico da fé de Simão Pedro e dos outros Apóstolos. É claro e não podia ser diversamente: eram homens e pensavam segundo a mentalidade dos homens; não podiam tolerar a ideia de um Messias crucificado . E também a conversão de Pedro se realiza plenamente quando renuncia a querer salvar Jesus e aceita ser salvo por Ele. Renuncia a querer salvar Jesus da cruz e aceita ser salvo pela sua cruz.

E Bento XVI salientou a este propósito. O ministério de Pedro consiste inteiramente na sua fé, uma fé que Jesus reconhece imediatamente, desde o inicio, como genuína, como dom do Pai celeste; mas uma fé que deve passar através do escândalo da cruz, para se tornar autentica, verdadeiramente cristã, para se tornar rocha sobre a qual Jesus possa construir a sua Igreja.

A participação na Senhoria de Cristo verifica-se concretamente somente na partilha com o seu abaixamento, com a Cruz. Também o meu ministério , queridos irmãos Cardeais e por conseguinte também o vosso - concluiu o Papa – consiste inteiramente na fé.

Jesus pode construir sobre nós a Sua Igreja na medida em que encontra em nós aquela fé verdadeira, pascal, aquela fé que não quer que Jesus desça da Cruz, mas confia nele sobre a cruz. Neste sentido o lugar autentico do vigário de Cristo é a Cruz, persistir na obediência da Cruz.

(Fonte: site Rádio Vaticano)

Festa do Cristo Rei

Termina o ano litúrgico e no Santo Sacrifício do Altar renovamos ao Pai o oferecimento da Vítima, Cristo, Rei de santidade e de graça, Rei de justiça, de amor e de paz, como leremos dentro em pouco no Prefácio (...regnum santitatis et gratiae, regnum iustitiae, amoris et pacis – Prefácio da Missa). Todos sentis nas vossas almas uma alegria imensa, ao considerar a santa Humanidade de Nosso Senhor: um Rei com coração de carne, como o nosso; que é autor do universo e de cada uma das criaturas e que não se impõe dominando, mendiga um pouco de amor, mostrando-nos, em silêncio, as suas mãos chagadas.

Então porque é que tantos O ignoram? Porque é que se ouve, ainda esse protesto cruel: nolumus hunc regnare super nos, não queremos que este reine sobre nós? Na terra há milhões de homens que se enfrentam assim com Jesus Cristo ou, melhor dito, com a sombra de Jesus Cristo, porque a Cristo não o conhecem, nem viram a beleza do Seu rosto, nem conhecem a maravilha da Sua doutrina.

Diante desse triste espectáculo, sinto-me inclinado a desagravar o Senhor. Ao escutar esse clamor que não cessa e que, mais do que de vozes, é feito de obras pouco nobres, experimento a necessidade de gritar alto: oportet illum regnare! (1 Cor XV, 25.), convém que Ele reine.

Oposição a Cristo

Muitos não suportam que Cristo reine. Opõem-se-Lhe de mil maneiras, quer nos planos gerais de governo do mundo e da convivência humana, quer nos costumes, quer na arte ou na ciência. Até na própria Igreja! Eu não falo – escreve Santo Agostinho – dos malvados que blasfemam de Cristo. São raros, efectivamente, os que O blasfemam com a língua, mas são muitos os que O blasfemam com a própria conduta.

Para alguns é molesta a própria expressão Cristo Rei, talvez por uma superficial questão de palavras como se o reinado de Cristo pudesse confundir-se com fórmulas políticas, ou porque a confissão da realeza do Senhor os levaria a admitir uma lei. E não toleram a lei, mesmo a do amável preceito da caridade, visto que não querem aproximar-se do amor de Deus. São os que só ambicionam servir o seu próprio egoísmo.

O Senhor levou-me a repetir, desde há muito tempo, um grito calado: Serviam! Servirei! Que Ele nos aumente essas ânsias de entrega, de fidelidade ao seu chamamento divino – com naturalidade, sem aparato, sem barulho – no meio da rua. Demos-Lhe graças do fundo do coração. Dirijamos-Lhe uma oração de súbditos, de filhos! - e a língua e o paladar encher-se-nos-ão de doçura com tal intensidade, que tratar do Reino de Deus nos saberá como a favo de mel, porque se trata dum Reino de liberdade, da liberdade que Ele ganhou para nós.

Cristo, Senhor do mundo

Gostaria de considerar convosco como esse Cristo, que – terna criança – vimos nascer em Belém, é o Senhor do mundo. Eis as razões: por Ele foram criados todos os seres nos céus e na Terra; Ele reconciliou com o Pai todas as coisas, restabelecendo a paz entre o Céu e a Terra, por meio do sangue que derramou na Cruz. Hoje Cristo reina, à direita do Pai; aqueles dois anjos de vestes brancas declararam aos discípulos que, atónitos, estavam a contemplar as nuvens, depois da Ascensão do Senhor: Homens da Galileia, porque estais assim a olhar para o Céu? Esse Jesus, que vos foi arrebatado para o Céu, virá da mesma maneira, como agora O vistes partir para o Céu).

Por Ele reinam os reis, com a diferença de que os reis, as autoridades humanas, passam e o reino de Cristo permanecerá por toda a eternidade, o seu reino é um reino eterno e o seu domínio perdurará de geração em geração.

O reino de Cristo não é um modo de dizer, nem uma imagem de retórica. Cristo vive, também como homem, com aquele mesmo corpo que assumiu na Encarnação, que ressuscitou depois da Cruz e subsiste glorificado na Pessoa do Verbo juntamente com a sua alma humana. Cristo, Deus e Homem verdadeiro, vive e reina e é o Senhor do mundo. Só por Ele se mantém na vida tudo o que vive.

Mas então porque é que não aparece agora em toda a sua glória? Porque o seu reino não é deste mundo, ainda que esteja no mundo. Replicou Jesus a Pilatos: Eu sou Rei! Para isto nasci, e para isso vim ao mundo, para dar testemunho da verdade. Todo aquele que é da verdade ouve a minha voz. Aqueles que esperavam do Messias um poderio temporal visível, enganavam-se: porque o Reino de Deus não consiste em comer e beber, mas em paz, justiça e alegria no Espírito Santo.

Verdade e justiça, paz e júbilo no Espírito Santo. Esse é o reino de Cristo. A acção divina que salva os homens culminará com o fim da história, quando o Senhor, que Se senta no mais alto do paraíso, vier julgar definitivamente os homens.

Quando Cristo inicia a sua pregação na Terra, não oferece um programa político, mas diz: fazei penitência, porque está perto o reino dos Céus. Encarrega os seus discípulos de anunciar esta boa nova e ensina a pedir, na oração, a chegada do reino, isto é, o reino dos Céus e a sua justiça, uma vida santa, aquilo que temos de procurar em primeiro lugar, a única coisa verdadeiramente necessária.

A salvação pregada por Nosso Senhor Jesus Cristo é um convite dirigido a todos: o reino dos céus é semelhante a um rei, que fez as núpcias do seu filho. E mandou os seus servos chamar convidados para as núpcias. Por isso, o Senhor revela que o reino dos Céus está no meio de vós.

Ninguém se encontra excluído da salvação se adere livremente às exigências amorosas de Cristo: nascer de novo, fazer-se como menino, na simplicidade de espírito; afastar o coração de tudo aquilo que aparte de Deus. Jesus quer factos; não só palavras; e um esforço, denodado, porque apenas aqueles que lutam serão merecedores da herança eterna.

A perfeição do reino – o juízo definitivo de salvação ou de condenação – não se dará na Terra. Agora o reino é como uma semente, como o crescimento do grão de mostarda. O seu fim será como a rede que apanhava toda a espécie de peixes, donde – depois de trazida para a areia – serão extraídos, para destinos diferentes, os que praticaram a justiça e os que fizeram a iniquidade. Mas, enquanto aqui vivemos, o reino assemelha-se à levedura que uma mulher tomou e misturou com três medidas de farinha, até que toda a massa ficou fermentada.

Quem compreender o reino que Cristo propõe, reconhece que vale a pena jogar tudo para o conseguir; é a pérola que o mercador adquire à custa de vender tudo o que possui, é o tesoiro encontrado no campo. O reino dos céus é uma conquista difícil e ninguém tem a certeza de o alcançar, embora o clamor humilde do homem arrependido consiga que se abram as suas portas de par em par. Um dos ladrões que foram crucificados com Jesus suplica-Lhe: Senhor, lembra-te de mim, quando entrares no teu reino. E Jesus disse-lhe: Em verdade te digo: Hoje estarás comigo no paraíso.

O reino na alma

Como, és grande, Senhor, Nosso Deus! Tu és quem dá à nossa vida sentido sobrenatural e eficácia divina. Tu és a causa de que, por amor de Teu Filho, com todas as forças do nosso ser, com a alma e com o corpo, possamos repetir: oportet illum regnare!, enquanto ressoa o eco da nossa debilidade, porque sabes que somos criaturas – e que criaturas! – feitas de barro, dos pés à cabeça, sem esquecer o coração. Perante o divino, vibraremos exclusivamente por Ti.

Cristo deve reinar, em primeiro lugar, na nossa alma. Mas como Lhe responderíamos, se Ele nos perguntasse: como é que tu Me deixas reinar em ti? Eu responder-Lhe-ia que para que Ele reine em mim, preciso da sua graça abundante, pois só assim é que o mais imperceptível pulsar do meu coração, a menor respiração, o olhar menos intenso, a palavra mais corrente, a sensação mais elementar se traduzirão num hossana ao meu Cristo Rei.

Se pretendemos que Cristo reine, temos de ser coerentes, começando por Lhe entregar o nosso coração. Se não o fizéssemos, falar do reino de Cristo seria vozearia sem substância cristã, manifestação exterior de uma fé inexistente, utilização fraudulenta do nome de Deus para compromissos humanos.

Se a condição para que Jesus reinasse na minha alma, na tua alma, fosse contar previamente em nós com um lugar perfeito, teríamos razão para desesperar. Mas não temas, filha de Sião; eis que o teu Rei vem montado num jumentinho. Vedes? Jesus contenta-se com um pobre animal por trono. Não sei o que se passa convosco, mas a mim não me humilha reconhecer-me aos olhos do Senhor como um jumento: fui diante de ti como um jumento. Porém, estarei sempre contigo: tomaste-me pela minha mão direita, tu és quem me leva pela arreata.

Pensai nas características dum jumento, agora que vão ficando tão poucos. Não falo dum burro velho e teimoso, rancoroso, que se vinga com um coice traiçoeiro, mas dum burriquito jovem, com as orelhas tesas como antenas, austero na comida, duro no trabalho, com o trote decidido e alegre. Há centenas de animais mais formosos, mais hábeis e mais cruéis. Mas Cristo preferiu este para se apresentar como rei diante do povo que O aclamava, porque Jesus não sabe que fazer da astúcia calculadora, da crueldade dos corações frios, da formosura vistosa mas vã. Nosso Senhor ama a alegria dum coração moço, o passo simples, a voz sem falsete, os olhos limpos, o ouvido atento à sua palavra de carinho. E é assim que reina na alma.

Reinar servindo

Se deixarmos que Cristo reine na nossa alma, não nos tornaremos dominadores; seremos servidores de todos os homens. Serviço. Como gosto desta palavra! Servir o meu Rei e, por Ele, todos os que foram redimidos com o seu sangue. Se os cristãos soubessem servir! Vamos confiar ao Senhor a nossa decisão de aprender a realizar esta tarefa de serviço, porque só servindo é que poderemos conhecer e amar Cristo e dá-Lo a conhecer e conseguir que os outros O amem mais.

Como o mostraremos às almas? Com o exemplo: que sejamos testemunho Seu, com a nossa voluntária servidão a Jesus Cristo em todas as nossas actividades, porque é o Senhor de todas as realidades da nossa vida, porque é a única e a última razão da nossa existência. Depois, quando já tivermos prestado esse testemunho do exemplo, seremos capazes de instruir com a palavra, com a doutrina. Assim procedeu Cristo: coepit facere et docere, primeiro ensinou com obras e só depois com a sua pregação divina.

Servir os outros, por Cristo, exige que sejamos muito humanos. Se a nossa vida é desumana, Deus nada edificará nela, porque habitualmente não constrói sobre a desordem, sobre o egoísmo, sobre a prepotência. Precisamos de compreender todas as pessoas, temos de conviver com todos, temos de desculpar todos, temos de perdoar a todos. Não diremos que o injusto é justo, que a ofensa a Deus não é ofensa a Deus, que o mau é bom. Todavia, perante o mal, não responderemos com outro mal, mas com a doutrina clara e com a boa acção; afogando o mal em abundância de bem. Assim Cristo reinará na nossa alma e nas almas dos que nos rodeiam.

Alguns procuram construir a paz no mundo sem porem amor de Deus nos seus corações, sem servirem por amor de Deus as criaturas. Como será possível realizar desse modo uma missão de paz? A paz de Cristo é a paz do reino de Cristo; e o reino de Nosso Senhor há-de alicerçar-se no desejo de santidade, na disposição humilde para receber a graça, numa, esforçada acção de justiça, num divino derramamento de amor.

Excerto homilia de São Josemaría Escrivá em 22 de Novembro de 1970

(Fonte: site do Opus Dei-Portugal em http://www.opusdei.pt/art.php?p=30721)

Nosso Senhor Jesus Cristo, Rei do Universo

Glória a Ti, Jesus Cristo, Rei do Universo,
Tu és o meu Senhor e o meu Deus.
Tu és o princípio e o fim de todas as coisas.
Em Ti tudo é bom, tudo é perfeito.
Em Ti o perdão é constante,
e o amor infinitamente eterno.
Em Ti a misericórdia é Nome,
e a fidelidade permanente.
Em Ti não há temor,
porque a dor,
é vencida pelo amor.
Em Ti existo,
sem Ti,
nada sou.
Em Ti confio,
em Ti espero,
em Ti caminho,
e vivo,
em Ti repouso,
e descanso.
Tu és a rocha da minha salvação,
o sopro que me dá vida,
o alento que me enche,
a força que me move.
Em Ti sou coração!
Sem Ti sou apenas,
um monte de carne e de ossos,
à espera de um fim sem ocaso.
Em Ti sou uma vida,
à espera de uma passagem,
para Ti, vida eterna.

Glória a Ti, Jesus Cristo, Rei do Universo,
Tu és o meu Senhor e o meu Deus.
Prostro-me a teus pés,
de mãos postas a rezar,
dá-me da água viva,
que só Tu,
Senhor,
sabes dar.

Marinha Grande, 21 de Novembro de 2010

Joaquim Mexia Alves
http://apenasoracao.blogspot.com/2010/11/nosso-senhor-jesus-cristo-rei-do.html

Bom dia! 53



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S. Josemaría nesta data em 1965

Paulo VI inaugura o Centro Elis, em Roma, um centro de formação profissional para operários no bairro Tiburtino, dirigido por membros do Opus Dei. Ao terminar, abraça o fundador e visivelmente emocionado diz-lhe: “Tudo aqui é Opus Dei”.

(Fonte: site de S. Josemaría Escrivá http://www.pt.josemariaescriva.info/)

Tema para reflexão - Novíssimos - Paraíso (5)

Essa adoração contínua de Deus é o supremo gozo, a felicidade mais completa que se possa imaginar. A alma encontra finalmente o fim para o qual foi criada por Deus.

(AMA, comentário sobre Paraíso 5, 2010.10.20)

Publicada por ontiano em NUNC COEPI - http://amexiaalves-nunccoepi.blogspot.com/

Meditação de Francisco Fernández Carvajal

Crescer da fé

«Todavia podemos igualmente dizer que na vida da fé cresce também uma certa evidência desta fé. A sua realidade toca-nos, e a experiência duma vida vivida na fé assegura-nos que de facto Cristo é o salvador do mundo.»

(Olhar para Cristo – Joseph Ratzinger)

Luminosa certeza e gozosa convicção

«Não é orgulho, não é presunção, não é obstinação, não é loucura, luminosa certeza e gozosa convicção a que temos de ter sido constituídos membros vivos e genuínos do Corpo de Cristo, de ser autênticos herdeiros do Evangelho de Cristo»

(Ecclesiam suam, nº 33 – Paulo VI)

Festividade de Nosso Senhor Jesus Cristo, Rei do Universo

A Palavra de Deus, neste último domingo do ano litúrgico, convida-nos a tomar consciência da realeza de Jesus. Deixa claro, no entanto, que essa realeza não pode ser entendida à maneira dos reis deste mundo: é uma realeza que se exerce no amor, no serviço, no perdão, no dom da vida.

A primeira leitura apresenta-nos o momento em que David se tornou rei de todo o Israel. Com ele, iniciou-se um tempo de felicidade, de abundância, de paz, que ficou na memória de todo o Povo de Deus. Nos séculos seguintes, o Povo sonhava com o regresso a essa era de felicidade e com a restauração do reino de David; e os profetas prometeram a chegada de um descendente de David que iria realizar esse sonho.

O Evangelho apresenta-nos a realização dessa promessa: Jesus é o Messias/Rei enviado por Deus, que veio tornar realidade o velho sonho do Povo de Deus e apresentar aos homens o “Reino”; no entanto, o “Reino” que Jesus propôs não é um Reino construído sobre a força, a violência, a imposição, mas sobre o amor, o perdão, o dom da vida.

A segunda leitura apresenta um hino que celebra a realeza e a soberania de Cristo sobre toda a criação; além disso, põe em relevo o seu papel fundamental como fonte de vida para o homem.

(Fonte: Evangelho Quotidiano)

Crónica do Vaticano (inglês)